Almost holding hands for empathy
Comunicazione sostenibile

La Comunicazione Non-Violenta per la comunicazione della sostenibilità

Quando vedo chi si interessa e vuole educare alla sostenibilità ambientale e sociale comunicare mediante il giudizio, la critica, l’insulto o il senso di colpa mi sento un po’ frustrata perché vorrei che i messaggi arrivassero a quante più persone possibili in maniera positiva, e credo che in quel modo che ciò non si possa verificare. 

Non so, ma non vedo il senso di parlarne di nostra spontanea volontà ad amici, parenti o conoscenti, utilizzando gli strumenti meno adatti al messaggio da comunicare. Ecco perché non appena sono entrata in contatto col mondo della comunicazione non violenta ho realizzato che, forse forse, possa essere uno degli strumenti più interessanti nell’educazione alla sostenibilità. Perché vorrei che si abbassassero finalmente i toni e si ascoltasse ciò che gli altri hanno da dire, per adattare i processi ai loro punti di partenza.

Cos’è la CNV

La Comunicazione Non-Violenta (CNV) è un modello comunicativo ideato dallo psicologo statunitense Marshall Rosenberg, il cui obiettivo è comunicare in maniera pacifica evitando scambi violenti, confusi e approssimativi.

Il modello è noto anche col nome di “linguaggio giraffa” ed è, in quanto tale, contrapposto al “linguaggio sciacallo”: si tratta di due animali le cui caratteristiche rappresentano al meglio ciò che la CNV vuole ottenere e ciò che, al contrario, vuole evitare. 

Da un lato, la giraffa è il mammifero dal cuore più grande, degno rappresentante del sentimento dell’empatia; dall’altro lato, invece, lo sciacallo simboleggia l’aggressività e il giudizio moralistico di certi approcci comunicativi umani.

Pertanto, con la CNV si cerca di evitare, quando si parla con le altre persone, di giudicare affrettatamente, stigmatizzare, insultare e incolpare, prediligendo piuttosto un approccio che tenga in considerazione i bisogni dell’interlocutore in maniera empatica

Empatia, ovviamente, non vuol dire essere sempre e a prescindere d’accordo, bensì comprendere la persona che abbiamo davanti e costruire un dialogo e una relazione a partire da quella base.

Come funziona la CNV?

La CNV si basa, non a caso, sull’empatia e sulla capacità non soltanto di comprendere il punto di vista e l’emozione dell’interlocutore, ma anche di esprimere il proprio, evitando di attaccare le altre persone.

Il processo comunicativo si articola così su quattro livelli: 

  1. Osservare i fatti senza giudizio 
  2. Identificare i nostri sentimenti a riguardo
  3. Riconoscere i bisogni legati ai sentimenti
  4. Esprimere le richieste e ottenere un feedback

Prendiamo ad esempio una frase articolata in maniera istintiva secondo il tipico modello moralista-violento che caratterizza il nostro modo di comunicare quotidiano:

“Stai sempre e solo al cellulare, egoista!!!”

Adesso, tenendo in considerazione i livelli della CNV, rimoduliamo la frase in questo modo:

“Quando ti vedo sempre e solo al cellulare penso che tu sia un po’ egoista. Mi sento ignorata e vorrei parlare di più con te. Ti va di fare una chiacchierata?”.

Cosa notate? Potrete vedere, ad esempio, come nel secondo caso ci sia più tatto. Se fosse indirizzata a me, non ci vedrei niente di malvagio, nessun giudizio negativo o frustrazione pronta a implodere. Perlomeno per come sono fatta io.

Si tratta sicuramente di un approccio comunicativo da preferire nella vita di ogni giorno, ma da applicare, in particolare, in determinati contesti. Un esempio, considerando le tematiche affrontate in questo blog, è quello della comunicazione ambientale e sociale.

Comunicazione della sostenibilità: rischi e difficoltà

Come già approfondito, l’obiettivo principale della comunicazione per la sostenibilità è disseminare dati per informare su servizi e/o prodotti pertinenti, educare gli individui, ottenere un buon livello di coinvolgimento sociale e promuovere nuove forme di solidarietà e responsabilità pertinente tutte le sfere della sostenibilità – ambientale, sociale, economica.

A ciò si aggiunge anche il significato di comunicazione sostenibile, legata non soltanto alla sostenibilità, bensì a un concetto più ampio che mira a promuovere un approccio più sostenibile ed empatico nei confronti della vita in tutti i suoi aspetti. Una comunicazione pertanto capace di cambiare l’immaginario, le narrazioni tossiche, supportare un’economia etica, così come la diversità e l’inclusione, educando. 

A tal riguardo sono due le principali difficoltà riscontrate in questo ambito: strategie di comunicazione nude e crude; componente umana. 

Veniamo innanzitutto alle strategie di comunicazione: il green marketing è un po’ un’arma a doppio taglio che si presta molto facilmente a cliché e strumentalizzazioni, sfociando spesso nel greenwashing

In secondo luogo abbiamo la componente umana – le emozioni. Uno degli aspetti che più caratterizza, in alcuni casi, la comunicazione su temi inerenti la sostenibilità ambientale e sociale è una debole gestione della componente emozionale legata al conflitto.

Sono purtroppo frequenti i casi in cui, al fine di far passare un messaggio e, in teoria, educare, si mette in atto un’empatia unidirezionale che spesso sfocia in aggressività.

Premessa: è ovvio che quando nessuno ascolta, premere su determinati temi con una certa premura diventa l’unica soluzione. Ciò si trasforma, però, in un problema quando aggressività e biasimo vengono utilizzati come strumenti per educare o nelle discussioni giornaliere con persone comuni che potrebbero saperne meno di zero. 

Quindi sì, è qui che può venirci in aiuto la CNV.

L’insostenibile comunicazione della sostenibilità

Usare la CNV non vuol dire dare meno importanza alle questioni ambientali o sociali, bensì ricalibrare il modo in cui vengono comunicate.

La mia personale opinione è che, a prescindere dalle nostre nobilissime ragioni, non possiamo lavorare per un mondo migliore ergendoci a esseri umani super sviluppati e dalle paradisiache consapevolezze sbeffeggiando con superbia e insulti coloro che la pensano diversamente da noi. Così, a prescindere.

Tagliar fuori ogni forma di dialogo non fa che creare polarizzazioni su un argomento dove sarebbe meglio evitarle, no?

Questo, ad esempio, è quello che ci dice Rosenberg: 

Se voglio proteggere l’ambiente e mi reco da un dirigente d’impresa con il seguente atteggiamento “Sa, lei è proprio un assassino dell’ambiente, non ha alcun diritto di abusare della terra in questo modo”, ho gravemente compromesso le mie probabilità di ottenere la soddisfazione del mio bisogno. È raro che un essere umano possa rimanere concentrato sui nostri bisogni quando noi li esprimiamo tramite immagini che implicano che lui è in torto.

[…]

Continuare a vincere dicendo alle altre persone dov’è che sbagliano non funziona molto sul lungo termine. Ogni volta che soddisfiamo i nostri bisogni in quel modo non solo perdiamo, ma abbiamo contribuito in modo tangibile ad accrescere la violenza sul nostro pianeta. Forse abbiamo risolto un problema contingente ma ne abbiamo creato un altro. Tanto più gli altri sentono giudizi e biasimo, tanto meno in futuro a loro importerà dei nostri bisogni.

Okay, prendiamo un bel respiro.

Come la CNV può supportare la comunicazione sostenibile

Intanto proporrei di riflettere su come ci sentiamo quando veniamo etichettati e criticati a prescindere per le nostre scelte, senza che nessuno ascolti le nostre ragioni. Cambiamo idea? Abbiamo migliorato la nostra vita? 

Ora… E se lo facessimo noi alle altre persone?

Come potrete immaginare, i risultati non sarebbero al 100% efficaci.

La CNV ci permette dunque di riappropriarci di una maggiore empatia nel modo in cui cerchiamo di comunicare ed educare alla sostenibilità.

Ciò non vuol dire indorare la pillola o dare solo carezze. Ovvio che sia possibile ricorrere a esempi o approcci più duri, che diano una spinta e spingano a riflettere. Ma che siano approcci ponderati, che rispettino le persone che abbiamo davanti e le ispirino a migliorarsi mediante una sana riflessione e non con gli insulti.

Esempio: vi ritrovate a mangiare fuori con amici o conoscenti che ordinano piatti di carne, pesce o derivati animali. Voi siete vegetariani/vegani e la cosa vi infastidisce. 

Ora, magari quello che vi verrà da dire è:

“Wow, non ci credo che continui a mangiare carne nonostante ormai si sappia che la carne inquini e che gli animali vengano trattati malissimo. Perché non la smetti di mangiarla? Non potresti interessarti di più all’impatto che hai sul pianeta e sugli esseri viventi? Il tuo è un atteggiamento egoista, insensibile e ignorante.” Magari pensando “forse dovrei smettere di esserle amico/a”.

Perché, invece, non provare a dire:

“Quando ti vedo mangiare carne con questa nonchalance mi sento un po’ frustrato/a perché ho bisogno di sapere che ci siano altre persone che si interessano alla protezione degli animali e del pianeta. Ti andrebbe di dirmi perché lo fai e di provare assieme un piatto vegetale qualche volta?”.

Oppure, invece di: “Non mi aiuti a combattere il cambiamento climatico guidando anche per fare solo 2 km”.

Prova con: “Ho notato che guidi ogni giorno per andare a lavoro, ti andrebbe qualche volta di prendere il treno/l’autobus assieme?”.

A seconda delle situazioni, provate a porre delle domande più coinvolgenti, ad esempio:

“Ti va di condividere il perché della tua scelta?”

“Ti va di provare a fare questa cosa X assieme?”

“Capisco perché credi che vivere in maniera sostenibile costi troppo, ti andrebbe di provare questa cosa che invece ha un costo bassissimo?”

Si tratta sicuramente di un processo non sempre automatico o attuabile, che necessita di tempo e delle giuste condizioni. Alla fine della fiera, però, ritengo che sia lo strumento per sgonfiare tutti i potenziali conflitti che si vengono a creare all’interno delle discussioni relative a sostenibilità ambientale e sociale. Un valido pilastro sul quale costruire ponti, invece di distruggerli.

G.

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